Il Centro Donna Giustizia dal 2000 gestisce il Progetto regionale Oltre la strada, che sviluppa programmi di protezione e integrazione sociale per donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale o grave sfruttamento lavorativo.
Il sistema italiano d’intervento rispetto alla tratta di persone ed al grave sfruttamento cerca di bilanciare l’aspetto repressivo con un approccio incentrato sulla tutela dei diritti della persona, e si fonda su due principali strumenti normativi:
• l’articolo 18 del D.Lgs. 286/98 (Testo Unico sull’immigrazione)
• la Legge 228/2003 “Misure contro la tratta di persone”
Il pilastro normativo del “modello italiano” di lotta alla tratta e alle forme di grave sfruttamento è rappresentato dall’articolo 18 del d.lgs. 286/98 (T.U. Immigrazione), che offre alle vittime la possibilità di fuoriuscita dalle situazioni di assoggettamento e coercizione attraverso:
•il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno per motivi di “protezione sociale”;
• la partecipazione a programmi di assistenza ed integrazione sociale.
Il permesso di soggiorno ex art.18 ha durata di sei mesi, rinnovabile per un ulteriore anno, è convertibile in permesso per motivi di lavoro o di studio, consente fin dall’inizio di poter lavorare, e viene rilasciato dalla Questura territoriale competente – alla quale spetta la valutazione decisiva in merito – in presenza di:
• situazioni di grave sfruttamento o violenza;
• pericolo concreto e attuale per l’incolumità della vittima (o dei familiari nel paese di origine) a causa del tentativo di sottrarsi a tali situazioni.
Il permesso di soggiorno ex art.18 può essere ottenuto attraverso due percorso
• “percorso giudiziario”, subordinato alla denuncia o alla testimonianza della vittima (con parere o su proposta della Procura territoriale competente);
• “percorso sociale”, su proposta di enti locali e associazioni accreditate che gestiscono programmi di assistenza e integrazione sociale (la vittima è tenuta comunque a fornire informazioni che permettano di evidenziare la sussistenza degli elementi di violenza e grave sfruttamento).
La previsione di un “doppio binario” sta ad indicare – come poi ribadito dalla giurisprudenza, nonché da circolari ministeriali applicative – che il rilascio del permesso di soggiorno ex art.18 non ha carattere premiale rispetto alla collaborazione giudiziaria; l’esperienza di questi anni ha comunque dimostrato che l’applicazione del “percorso sociale” non risponde solo ad esigenze di tutela dei diritti, ma anche a un’efficace strategia investigativa, perché il periodo di inserimento nei programmi di assistenza permette la rimozione di paure e pericoli che inizialmente possono ostacolare la relazione con l’autorità giudiziaria.
Dal 2015 le vittime di tratta possono usufruire anche di un ulteriore strumento di tutela, rappresentato dall’articolo 17 del decreto legislativo 142/2015.
In particolar modo il comma due indica come “ai richiedenti protezione internazionale identificati come vittime della tratta di esseri umani si applica il programma unico di emersione, assistenza ed integrazione sociale di cui all’articolo 18, comma 3-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286.”
“Persone portatrici di esigenze particolari (art. 17): sono individuate le categorie di persone vulnerabili che possono aver bisogno di misure di assistenza particolari e rispetto all’abrogata previsione normativa sono considerate persone vulnerabili anche i minori non accompagnati, le vittime della tratta di esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali, le vittime di tortura o di gravi violenze anche se legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere e le vittime di mutilazioni genitali.” (tratto dal sito Asgi –Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione).
Questo decreto apre un nuovo scenario d’intervento verso tutte le persone vittime di tratta ma non ancora di sfruttamento sessuale in Italia, per le quali in precedenza il programma Articolo 18 non poteva essere applicato.